Storia

La storia di San Sebastiano

La storia ci tramanda che alla fine dell’Aprile del 1414 una nave, proveniente dall’Adriatico, naufragò sull’isola Magnisi. Non ci furono vittime e i naufraghi attribuirono questo eccezionale accadimento alla statua di San Sebastiano, contenuta in una cassa trasportata nella nave, che si preoccuparono subito di raccogliere, non riuscendo però a sollevarla. La notizia dell’evento giunse presto al vescovo di Siracusa che, con il popolo in processione, si recò subito sul posto al fine di portare la statua presso la sede arcivescovile.

La fama di questo miracoloso fatto giunse anche a Melilli il cui popolo, spinto da fede e da curiosità, si recò nel luogo in cui vi era la statua il 1° Maggio 1414. La leggenda tramanda che nel momento in cui si decideva presso quale dei paesi del siracusano la statua dovesse esser collocata, improvvisamente e miracolosamente il simulacro divenne pesante per tutti coloro che cercavano di sollevarlo tranne che per gli abitanti di Melilli i quali trasportarono il miracoloso Simulacro di San Sebastiano in processione fino al paese tra canti di gioia e inni religiosi.

Da subito i fedeli cominciarono a ricevere grazie. La statua venne collocata presso una grotta chiamata Carcarella, dove già si venerava l’immagine del glorioso martire. Ma nel momento in cui il clero in accordo con il popolo, decise di collocare il simulacro nella chiesa Madre del paese, si ripetè il miracolo della primitiva pesantezza, segno che il Santo voleva un culto speciale in quel posto, in una chiesa espressamente a lui dedicata. Queste notizie si trovano in un antico documento conservato negli archivi della Chiesa. Documento di grande importanza storica, benché manchi la data che ne precisi l’epoca a cui risale. Tuttavia nel 1765, il padre Paolo Mirabella nelle sue memorie inedite, parla di questo documento gelosamente e da molto tempo custodito dai rettori della Chiesa nella cappella del Santo.

 

La vita di San Sebastiano

Le notizie sulla vita di San Sebastiano si ricavano soprattutto da uno scritto di Sant’Ambrogio e dalla “Passio” di Arnobio il Giovane. Queste fonti ci raccontano che il giovane Sebastiano, educato secondo la fede cristiana, si trasferì a Roma dove, sotto l’impero di Diocleziano (284-305), intraprese la carriera militare diventando tribuno della coorte imperiale di Roma. Ma durante le persecuzioni di Diocleziano proprio contro i militari convertiti al Cristianesimo, Sebastiano si rifiutò di rinnegare la sua fede in Cristo e per questo venne condannato ad esser trafitto dalle frecce. Dopo il martirio, creduto morto dai soldati, il suo corpo venne lasciato in pasto agli animali selvatici, ma una pia donna di nome Irene, andando a recuperare il suo corpo per dargli sepoltura, si rese conto che Sebastiano era vivo e curò le sue ferite.
Miracolosamente sfuggito alla morte Sebastiano decisa di proclamare la sua fede davanti l’imperatore Diocleziano il quale lo fece flagellare a morte e fece gettare il suo corpo in modo che nessuno potesse recuperarlo.

 

Le reliquie del Santo

Le reliquie del Santo furono divise durante il pontificato di Papa Eugenio II, il quale ne mandò una parte alla Chiesa di San Medardo di Soissons. Il suo successore Gregorio IV fece traslare il resto del corpo nell’oratorio di San Gregorio sul colle Vaticano, e fece inserire il capo in un prezioso reliquiario che Papa Leone IV fece trasferire nella Basilica dei Santi Quattro Coronati dove ancora oggi è venerato. Gli altri resti di San Sebastiano rimasero nella Basilica Vaticana fino a quando papa Onorio III concesse ai monaci cistercensi, custodi della Basilica di San Sebastiano (sulla via Appia a Roma), il ritorno delle reliquie risistemate nell’antica cripta; nel XVII secolo l’urna venne posta in una cappella della nuova Chiesa, sotto la mensa dell’altare, dove si trovano tuttora.
I resti del Santo sono conservati a Roma, a Melilli si conserva invece un piccolo ossicino che fa parte del braccio del Santo. Il bimartire è venerato quindi da oltre 600 anni da tutti i fedeli.

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